HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points): cos’è e come funziona

L’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points – sistema di analisi dei pericoli e punti di controllo critico) è un insieme di procedure atte a garantire la salubrità degli alimenti.

La particolarità di queste procedure consiste nel basarsi sulla prevenzione più che sull’analisi del prodotto finito.

Caratteristiche

L’HACCP è stato introdotto nel nostro paese solo di recente, il che ha significato una svolta nel processo di monitoraggio della e nella produzioni degli alimenti.

Se, un tempo, si provvedeva a verificare la bontà dei medesimi a valle del processo produttivo, mediante delle analisi della salubrità del prodotto finito quando già pronto alla vendita e nella immediata disponibilità del consumatore finale. Infatti spesso l’alimento venica consumato prima che se ne rivelassero le irregolarità.

Le analisi, inoltre, venivano svolte a campione, metodo non rigoroso nell’individuazione di falle che, pertanto, si mostrava spesso inattendibile.

Il sistema attuale, viceversa, è imperniato su un concetto opposto: la prevenzione. Il protocollo analizza i  potenziali pericoli che potrebbero emergere in ogni fase del processo produttivo e in quelle successive quali, per esempio, stoccaggio, trasporto, conservazione, vendita o somministrazione.

L’obiettivo è quello di individuare quelle fasi della lavorazionie (punti critici di controllo CCP) che potrebbero subire delle alterazioni biologiche, chimiche o fisiche. A differenza del metodo precedente, questo è scientifico e, una volta localizzato il pericolo, è volto alla regolazione della filiera, così da eliminare definitivamente l’ostacolo.

Un esempio classico nella determinazione di un “intoppo” del processo di produzione e distribuzione di un alimento riguarda i surgelati. Un difetto tipico di questa catena sta nella conservazione del bene, che – se non rispetta una data temperatura – ne corromperà la salubrità.

Ed è proprio la salute pubblica a essere interessata, ancor prima e ancor più del “gusto” del singolo.

I principi del sistema HACCP dovrebbero essere applicati separatamente per ciascuna specifica operazione. La loro applicazione dovrebbe essere riveduta e se necessario modificata ogni qualvolta viene introdotta una modifica a livello di prodotto, di processo o di una qualunque fase.

(COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Bruxelles, 2005. Progetto di Guida all’applicazione delle procedure basate sui principi del sistema HACCP e alla semplificazione dell’attuazione dei principi del sistema HACCP in talune imprese alimentari)

Origini e normativa

Il sistema HACCP è di importazione statunitense, ove è nato negli anni sessanta con lo scopo di garantire agli astronauti della NASA che i loro alimenti non fossero corrotti e che non fossero dannosi per gli scienziati, compromettendone la salute ma anche la riuscita delle missioni.

La prima codifica normativa in Europa risale al 1993 con la Direttiva 43/93/CEE (recepita in Italia con il D. Lgs 26 maggio 1997 n. 155, ora abrogato) poi sostituita dal Regolamento CE 178/2002 e dal Regolamento CE 852/2004. Ne deriva un obbligo di applicazione a tutti gli operatori del settore alimentare.

Questa normativa è entrata in vigore l’01/01/2006 abrogando il Danzi e prevedendo anche le eventuali sanzioni per inadempienza.

Data l’ampia gamma di imprese alimentari prese in considerazione e la grande varietà di prodotti alimentari e di procedure di produzione applicate agli alimenti, sono state redatte dalla Commissione Europea delle linee guida generali sull’applicazione delle procedure riferite ai principi del sistema HACCP, venendo così in aiuto a tutti coloro che intervengono nella catena della produzione alimentare. Tali linee guida si ispirano principalmente ai principi enunciati e danno indicazioni per un’applicazione semplificata delle prescrizioni in materia di HACCP, in particolare nelle piccole imprese alimentari.

Campi di applicazione

Sono tenuti a dotarsi di un piano di autocontrollo

  • farmacie
  • operatori nel campo della ristorazione
  • bar/pasticcerie
  • rivendite alimentari e ortofrutta
  • salumerie
  • gastronomie
  • macelli
  • macellerie
  • pescherie
  • panifici
  • case di riposo
  • scuole
  • mense
  • comunità o associazioni che somministrano alimenti, ivi compresi gli operatori della logistica

Insomma: chiunque sia interessato alla produzione primaria di un alimento (raccolta, mungitura, allevamento), alla sua preparazione, trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita o fornitura, compresa la somministrazione al consumatore. Alimenti sono pure le bevande, pertanto anche chioschi, discoteche, sale cinematografiche, sagre, eventi di degustazione, ecc. devono applicare la HACCP.

Nel 2006 il sistema HACCP è stato reso obbligatorio anche per le aziende che hanno a che fare con i mangimi per gli animali destinati alla produzione di alimenti (produzione delle materie prime, miscele, additivi, vendita e somministrazione).

Tappe preliminari del sistema HACCP

Queste sono le tappe basilari di sviluppo del sistema HACCP:

  • mandato della direzione
  • formazione dell’HACCP-team
  • preparazione schede di descrizione del prodotto, impiego a cui è destinato
  • diagramma di flusso
  • verifica “sul campo” del diagramma di flusso.

I sette principi del sistema HACCP

I punti fondamentali del sistema dell’HACCP, la cui applicazione nelle aziende alimentari è diretta a far sì che un qualsivoglia alimento non sia causa di danno alla salute del consumatore, sono identificabili in sette princìpi:

  1. individuare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli accettabili (analisi dei pericoli);
  2. individuare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli accettabili;
  3. stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi individuati;
  4. stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo;
  5. stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo;
  6. stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo funzionamento delle misure;
  7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione delle misure.

Principio 1

Individuazione dei pericoli e analisi dei rischi: identificare i pericoli potenziali associati alla produzione di un alimento in tutte le sue fasi, dalla coltura o allevamento fino al consumo.

Principio 2

Individuazione dei CCP (punti di controllo critici): ovverosia un punto, una fase, o una procedura in cui è possibile ed indispensabile attuare un controllo per eliminare, prevenire o ridurre un pericolo.

A tal pro si utilizza il cd decision tree (albero delle decisioni) per comprendere se un passaggio all’interno della produzione debba ritenersi un punto di controllo critico o solamente un punto di controllo. Ogni fase rappresenta uno stadio di produzione e/o manipolazione degli alimenti, inclusi:

  • produzione primaria
  • loro ricezione e trasformazione
  • conservazione
  • trasporto
  • vendita
  • uso da parte dell’utente

NON è punto di controllo critico quello che:

  • a valle prevede un ulteriore punto di controllo critico che elimini il pericolo
  • non può essere valutato in base a parametri oggettivi (per es. temperatura, data ecc)
  • può essere valutato in base a un parametro oggettivo, ma che non può restituire un risultato immediato (per es. la carica batterica di un alimento che richiede diverse ore per ottenere i risultati delle campionature)

Principio 3

Definizione dei limiti critici: che si devono essere osservare per assicurare che ogni CCP sia sotto controllo.

Il limite critico è un valore di riferimento che separa l’accettabilità dall’inaccettabilità e garantisce la sicurezza di un prodotto finito.

I limiti critici si desumono da quelli di legge, se presenti, o dalle GMP (Good Manufacturing Practices: “buone pratiche di lavorazione”): pertanto possono derivare dall’adozione di una pratica igienica di lavorazione propria di un’azienda.

NB: Non sempre i limiti critici sono rappresentati da valori numerici: possono infatti corrispondere a quantità rilevabili sensorialmente, come la presenza o assenza di sporco visibili.

Principio 4

Definizione delle procedure di monitoraggio: attuare una serie di osservazioni e misure per tenere sotto controllo e entro i limiti critici i CCP.

Il monitoraggio consiste in interventi e modalità che dipendono dalla realtà dell’azienda in esame.

  1. Un piano minimo di controllo comunque solitamente prevede:
  • controllo e qualifica fornitori
  • controllo conservazione dei prodotti
  • registrazione temperature di conservazione
  • controllo e predisposizioni di procedure di lavorazione definite in tempi e modi
  • controllo e pianificazione condizioni igieniche.

2. Un piano minimo di controllo inoltre riporta:

  • chi si occupa di monitorare e verificare i dati rilevati
  • quando vengono effettuate le misurazioni o le osservazioni
  • come vengono effettuati il monitoraggio e la valutazione dei risultati.

Principio 5

Definizione e pianificazione delle azioni correttive: stabilire in anticipo le azioni da attuare quando il monitoraggio indica che un particolare CCP non è più sotto controllo (fuori dai limiti critici).

La sua efficacia è legata alla tempestività: ripristinare nel minor tempo possibile lo status quo ante in merito alle condizioni di sicurezza.

Le azioni correttive devono comprendere:

  • la correzione della causa dello scostamento dal limite critico
  • la verifica che il CCP sia di nuovo sotto controllo
  • le procedure da attivare verso gli alimenti non sicuri perché prodotti quando il CCP non era sotto controllo[3].
  • la registrazione dell’accaduto e delle misure adottate
  • l’eventuale individuazione di misure preventive più efficienti.

Principio 6

Definizione delle procedure di verifica: stabilire procedure per la verifica che includano prove supplementari e procedure per confermare che il sistema HACCP stia funzionando efficacemente.

Viene verificato sul campo se ciò che è stato visto e detto era anche previsto e scritto, e se questi funzionano o no. Permette di riconoscere l’effettiva adeguatezza delle misure adottate in riferimento allo stato dell’arte della situazione. La frequenza delle procedure di verifica deve essere indicata nel piano di autocontrollo, ed è influenzata dalle dimensioni dell’azienda, dal numero di dipendenti, dal tipo di prodotti trattati e dal numero di non conformità rilevate.

Va ricordato che il sistema HACCP è un sistema dinamico che può venir cambiato e integrato.[4].

Principio 7

Definizione delle procedure di registrazione: predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare, per dimostrare l’effettiva applicazione delle misure precedentemente esposte.

Stabilire una documentazione riguardante tutte le procedure di registrazione appropriate a questi principi e loro applicazioni. La documentazione deve essere firmata dal responsabile del piano di autocontrollo. Sulla documentazione si basa infatti gran parte del controllo ufficiale (ispezioni e audit) da parte dei servizi di prevenzione dell’USL (Servizi Veterinari e SIAN).

Formazione del personale

Il Regolamento CE 852/2004, al Capitolo XII, pone l’accento sulla consapevolezza del personale alimentarista.

Stiamo parlando di quello che viene chiamato “Corso HACCP” o, impropriamente, “Certificazione HACCP”.

Gli Operatori del Settore Alimentare (O.S.A.), devono

assicurare che gli addetti alla manipolazione degli alimenti siano controllati e/o abbiano ricevuto un addestramento e/o una formazione, in materia d’igiene alimentare, in relazione al tipo di attività

Questo compito è affidato agli stati membri (in Italia, ciò è demandato alle regioni). Ergo, vengono emesse specifiche direttive regionali che stabiliscono modalità, durata e argomenti della formazione per gli alimentaristi, oltre a definire chi sono i soggetti formatori abilitati ad erogare questo servizio nonché le modalità di rilascio dell’attestato di frequenza.

Relazione tra HACCP e standard ISO 22000

Lo standard ISO 22000 è una norma dell’ente di normazione internazionale ISO creata al fine di armonizzare gli standard nazionali e internazionali in materia di sicurezza alimentare e HACCP e la cui applicazione avviene a discrezione dell’impresa agroalimentare.

Questo standard si basa sui principi dell’HACCP e del Codex Alimentarius, pur restando in linea con i precedenti ISO 9000 e ISO 14000.

Lo standard garantisce la sicurezza agroalimentare “dal campo alla tavola”, sulla base di elementi quali:

  • la comunicazione interattiva
  • la gestione del sistema
  • l’adozione degli schemi di buone pratiche di preparazione
  • i principi HACCP.

La certificazione secondo la norma ISO 22000 è un elemento particolarmente importante per dimostrare l’impegno di un’azienda nei confronti della sicurezza alimentare, nel pieno rispetto dei requisiti di corporate governance, responsabilità sociale d’impresa e bilancio di sostenibilità.

Il processo descritto nella norma ISO 22000 prevede:

  • identificazione, valutazione e controllo dei rischi agroalimentari che potrebbero verificarsi
  • comunicazione lungo la filiera agroalimentare delle informazioni sui problemi di sicurezza connessi al prodotto
  • comunicazione a tutta l’organizzazione coinvolta delle informazioni sullo sviluppo, implementazione e aggiornamento di tutto ciò che riguarda la sicurezza agroalimentare
  • valutazione periodica e aggiornamento del sistema di gestione della sicurezza agroalimentare.

Il piano di autocontrollo HACCP

Obbligatorio ex Regolamento CE n. 852/2004 per le aziende del settore alimentare, è redatto dal titolare coadiuvato da un consulente tecnico, esperto nelle normative che ne disciplinano la correttezza e la congruità con le normative stesse.

Sebbene molte imprese possano essere suddivise in categorie differenti, in base alla tipologia di manipolazione degli alimenti, in tutti i devono possedere obbligatoriamente un piano di autocontrollo HACCP.

Il piano di autocontrollo HACCP prevede due elementi:

  • il manuale HACCP, che costituisce l’elemento descrittivo del piano,
  • le schede di autocontrollo, che costituiscono la documentazione operativa.

Si consiglia la redazione dei medesimi da parte di professionisti del settore, potendo l’azienda mantenere la produzione di cibo e bevande di alta qualità e in piena regola.

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